Stefania Albertani nel 2009 uccise la sorella maggiore a Cirimido(Como) chiudendola in casa e obbligandola ad assumere grandi quantitativi di psicofarmaci fino a causarne la morte, inoltre brucio il corpo della sorella e mesi dopo tentò di uccidere la madre.
Stefania Albertani fu condannata a 20 anni di reclusione, anche se il giudice Luisa Lo Gatto decise di riconoscere un vizio parziale di mente a causa delle alterazioni in quell'area del cervello che ha la funzione di regolare le azioni aggressive e dal punto di vista genetico ha un maggiore rischio di compiere azioni violente.
Furono fatte analisi neuroscientifiche e studi sul suo cervello e sul patrimonio genetico che portano a renderlo il primo caso in Italia e uno dei pochi al mondo in cui le neuroscienze portarono a valutare l'imputabilità dell'accusa.
Più specificamente fu visto che la donna aveva un'ulterazione della sostanza grigia che portava l'imputato ad essere una bugiarda patologica oltre a renderla aggressiva.
Un ultimo esame molto importante fu quello degli alleli che vengono collegati a un rischio alto di comportamento impulsivo e aggressivo e alla fine di tale test il gup fece notare che ella aveva 3 alleli sfavorevoli.
Importante fare notare il grande lavoro eseguito dal difensore dell'Albertani e il grandissimo lavoro presentato dai neuroscienziati che hanno cercato di dimostrare come sia importante il campo delle neuroscienze e che se usato in campo giuridico può dare risvolti che potrebbero portare esiti diversi riguardo alcune sentenze; infatti dobbiamo dire che molte volte si è fatto riferimento a ricerche neruoscientifiche per spiegare comportamenti devianti ma ancora oggi molti giudici sono scettici sulla materia.
Quindi grande plauso per il gup rappresentato da Luisa Lo Gatto che ha accolto l'istanza della difesa attribuendo all'imputata un vizio parziale di mente.
Quello che mi sento di dire e che il campo delle neuroscienze piano
piano stra prendendo sempre più campo e comincia a diventare un valore aggiunto nei processi Italiani, ma ancora oggi molti giudici sono scettici a riguardo e quindi spesso pur prendendo in considerazione le tesi di questi scienziati alla fine decidono per condannare rifacendosi ad un modello positivista che tipico della nostra tradizione giuridica.
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